LA PSICANALISI SECONDO
SCIACCHITANO

"TU PUOI SAPERE, SE EVITI CHI PRETENDE DI INSEGNARTI"
creata il 27 aprile 2011 aggiornata il 28 aprile 2011

 

 

Vieni da qualche pagina dove si parla di falsi maestri o di legame sociale tra analisti.

Sei in una pagina dove si tratta della speciosa forma di insegnamento in psicanalisi, dove abbiamo avuto tanti maestri ma pochi allievi dei quali non si può proprio dire che, pur ripetendo le dottrine dei maestri, abbiano veramente imparato qualcosa da loro.

L’insegnamento in psicanalisi

Ci sono tipi fatti così: Gauss, Einstein, Sciacchitano, che non amano insegnare. E sì che, almeno i primi due, di roba da insegnare ne avevano!
Allora mi chiedono: “Come pretendi che si trasmetta la tua esperienza in psicanalisi, se non la comunichi?”.
Ecco il punto. Io non pretendo nulla; tanto meno di trasmettere qualcosa. La mia esperienza in psicanalisi è talmente singolare – direi unica – che non pretendo che si possa generalizzare. E poi, anche ammesso che si possa generalizzare localmente in qualche intorno piccolo a piacere del mio studio, non credo che la psicanalisi si possa trasmettere in modo diretto, tanto meno per via cattedratica, fosse pure nella forma debole del seminario. Su questo punto sono d’accordo con Freud. “Si deve insegnare la psicanalisi in Università?” No, rispondeva Freud nel 1918. In quanto segue cerco di giustificare la risposta negativa con argomenti freudiani e lacaniani, forse meglio di quanto non siano riusciti Freud o Lacan. Mi sia concessa la piccola presunzione, giustificata dal fatto che salgo sulle spalle di questi giganti.

Da tempo e da come risulta evidente da questo sito, mi dedico a una critica ferrea del freudismo e del lacanismo. Spero (ma dubito) che risulti chiaro che non sono né contro Freud né contro Lacan, anche quando parlo di loro come falsi maestri. A scanso di equivoci, propongo di distinguere, come faceva Leibniz, tra verità di fatto e verità di principio. Lacan fu un falso maestro di principio, non di fatto. Di fatto mi ha insegnato parecchie cose, in particolare molte sottigliezze psichiatriche. Ma il suo magistero fu falso in linea di principio, per la falsa posizione da cui lo esercitava. Falsa, infatti, è in psicanalisi la posizione epistemica che presuppone la trasmissione. La trasmissione di sapere è possibile solo all'interno di un assetto epistemico bipolare: il polo positivo è costituito dal maestro, in genere il presbitero, che possiede la dottrina; il polo negativo dal neofita da indottrinare; il primo attivo, il secondo passivo. Quindi la trasmissione epistemica si verifica solo all’interno di un catechismo e di una chiesa. La trasmissione epistemica, pertanto, non si può realizzare in psicanalisi, perché oblitera sul nascere la funzione dell’inconscio, che è invenzione del nuovo, non trasmissione del vecchio.

Un’ulteriore precisazione, a mio avviso, pertinente al tema. Essere contro il freudismo e contro il lacanismo non significa porsi su posizioni assolutamente antilacaniane o antifreudiane. Non significa proporre dottrine eretiche, alternative alle contestate. Le eresie non mi attirano più delle ortodossie, essendo regolarmente ortodossie travestite da eterodossie.

Allora, conservo qualcosa del freudismo e del lacanismo. Del freudismo butto via tutta la metapsicologia delle pulsioni, ma conservo l’ipotesi dell’inconscio, inteso come sapere che non si sa di sapere. Conservo, inoltre, due corollari, importanti anche dal punto di vista pratico: la rimozione originaria (Urverdrängung) e la Nachträglichkeit. Del lacanismo butto via tutto il logocentrismo del significante, ma conservo le nozioni di tempo logico, di oggetto a e l’algoritmo dei quattro discorsi, intesi come forme di legame sociale. A partire da quest’ultimo algoritmo costruirò l’argomentazione che propongo in questa pagina.

L’algoritmo lacaniano dei quattro discorsi è un piccolissimo frammento di algebra dei gruppi. Lasciamo per ora stare il fatto che Lacan usi la matematica per travestire di scientificità la propria dottrina e trasmetterla integralmente. Consideriamo la possibilità che la matematica lacaniana sia intrinsecamente psicanalitica e facciamo un minimo di esercizio matematico.
Un gruppo è una struttura algebrica introdotta in un insieme che la ospita e la sostiene. L’insieme diventa una struttura di gruppo, se vi si introduce un’operazione binaria tra elementi dell’insieme – chiamala, se vuoi, somma o prodotto – la quale gode di certe proprietà. Nel caso della struttura di gruppo si tratta fondamentalmente delle proprietà della simmetria, di cui ho gia riferito alla pagina su Felix Klein. Una simmetria è un'operazione associativa, cioè tale che il risultato non dipende dall'ordine con cui si svolgono le operazioni: comporre la seconda simmetria con la terza e il risultato con la prima dà lo stesso risultato che comporre la prima simmetria con la seconda e il risultato con la terza. Inoltre, esiste una simmetria neutra, la quale lascia le cose come stanno: è l'identità. Infine, per ogni simmetria esiste la simmetria inversa, la quale riporta le cose allo stato in cui erano prima. In altri termini, una simmetria è un’operazione reversibile, a patto di ammettere tra le operazioni la simmetria nulla (o identità), che non opera alcunché, e per ogni simmetria la simmetria inversa. Un esempio di simmetria è la somma dei numeri relativi, la quale oltre alle proprietà suddette gode della commutatività, nel senso che sommare a un numero prima 3 e poi 5 è lo stesso che sommare prima 5 e poi 3.

L'esempio lacaniano presenta una simmetria spaziale. Consideriamo le operazioni nel piano: gira a destra di un quarto di giro, gira a sinistra di un quarto di giro, stai fermo lì dove sei. Se applichiamo queste operazioni ai 4 vertici del quadrato otteniamo il gruppo circolare del quadrato. A sua volta il gruppo circolare del quadrato è un sottogruppo del gruppo diedrale del quadrato, il quale prevede un’operazione in più rispetto alla rotazione di un quarto di giro: il ribaltamento del quadrato intorno a una diagonale. Lacan non arriva a questi livelli di astrazione. Io ne ho accennato brevemente per indicare una via di semplificazione concettuale dell’algoritmo lacaniano, che esplora alcune (ma non tutte le) simmetrie del quadrato. Il punto da ritenere è che, dopo la rotazione a destra (o a sinistra) di un quarto di giro, il quadrato coincide con se stesso. Cambia solo l’etichettatura dei vertici. Per esempio, il quadrato

A – B
I      I
D – C

dopo la rotazione di un quarto di giro a destra diventa il quadrato

D – A
I      I
C – B

che è ancora lo stesso quadrato di prima. È congruente a quello di prima, ci hanno insegnato a scuola.

La simmetria conserva la figura, ma cambia le coordinate. La simmetria è un’operazione antilogocentrica. C’è da meravigliarsi che Lacan l’abbia concepita. Per la stessa ragione antilogocentrica io conservo questo algoritmo.

Diversamente dal matematico, che ama astrarre, Lacan si precipita nella concretezza del proprio schematismo. Comincia concretamente dando un nome proprio ai quattro luoghi in questione, cioè ai quattro vertici del quadrato. I nomi sono tratti dalla sua dottrina logocentrica del significante che rappresenta il soggetto per un altro significante:

il vertice in alto a sinistra si chiama luogo dell’agente (patogeno?);
il vertice in alto a destra si chiama luogo dell’Altro;
il vertice in basso a destra si chiama luogo della produzione (del sintomo?;
il vertice in basso a sinistra si chiama luogo della verità.

In questi quattro luoghi Lacan distribuisce circolarmente la quadrupla: (Significante, Sapere, Oggetto, Soggetto). La distribuzione iniziale è proprio questa. Essa corrisponde al discorso del maestro. Ruotando il quadrato di un quarto di giro a destra, si ottiene il discorso dell’isteria: (Soggetto, Significante, Sapere, Oggetto). L’ulteriore rotazione a destra di un quarto di giro produce il discorso dell’analista: (Oggetto, Soggetto, Significante, Sapere). Finalmente, l’ultima rotazione a destra di un quarto di giro produce il discorso dell’Università: (Sapere, Oggetto, Soggetto, Significante). Le possibili permutazioni di 4 termini sono 4! cioè 24. Ne abbiamo ottenute 4: le permutazioni cicliche. Ne mancano 20. In particolare mancano le quattro permutazioni che conservano il quadrato e che si ottengono ribaltandolo attorno alla diagonale principale (quella che va dal vertice in alto a sinistra al vertice in basso a destra). Il ribaltamento produce 4 discorsi simmetrici dei precedenti: il discorso del perverso è simmetrico al discorso del maestro: (Significante, Soggetto, Oggetto, Sapere); il discorso dell’ossessione è simmetrico al discorso dell’isteria: (Soggetto, Oggetto, Sapere, Significante); il discorso dell’anoressia è simmetrico del discorso dell’analista: (Oggetto, Sapere, Significante, Soggetto); il discorso della bulimia è simmetrico del discorso dell’Università: (Sapere, Significante, Soggetto, Oggetto).
Lacan non si spinge fino a questo livello, ma pasticcia con un quinto discorso, il discorso del capitalista, che non conserva il quadrato, in quanto produce una figura intrecciata, non congruente al quadrato. Fermiamoci qui anche noi.

Non entro nei dettagli, per altro molto interessanti, di questi quattro discorsi. Ai miei occhi hanno un merito incontestabile. Danno una visione non antropomorfa delle nevrosi della nostra vita quotidiana. L'algoritmo ragiona in termini strutturali astratti, non in termini di conflitti e di difese, di rimozioni e censure. Ragionare in termini astratti ha l'enorme vantaggio di evitare metafore, prestando il fianco a inevitabili ambiguità linguistiche. A livello di questo algoritmo Lacan non è freudiano. Non presuppone nell'uomo uno o più piccoli uomini – le famose province o istanze psichiche – più o meno in conflitto tra loro. Personalmente, sfrutto l'assetto non antropomorfo dell'algoritmo lacaniano, per formulare una teoria non antropomorfa dell'insegnamento in psicanalisi. Per affrontare questo tema, mi limito a considerare il primo dei quattro discorsi, quello del maestro.

Secondo me, il discorso del maestro è un modello di rimozione originaria o primaria, la freudiana Urverdrängung – la rimozione senza rimozione o la rimozione che precede ogni rimozione. All’origine della rimozione primaria sta il significante di cui il sapere non sa di sapere. È lui che agisce: il significante ignoto. Come? Questo non si sa, proprio perché l’inconscio è un saper fare che non si sa di sapere. Lo si può venire a sapere solo a posteriori, nachträglich, giusto dopo vent’anni di analisi. L’ignoranza è rappresentata dall’algoritmo lacaniano mediante la localizzazione del sapere nel luogo dell’altro. Al di là dei  modi logocentrici con cui Lacan descrive la situazione, il sapere inconscio è un sapere di cui il soggetto è alienato.
Cosa produce questo sapere alienato? Produce l’oggetto. Lacan lo chiama oggetto a o oggetto-causa del desiderio. A essere rigorosi il sapere inconscio non produce l’oggetto ma un suo modello. L’oggetto del desiderio è l’infinito, che non può essere prodotto come tale. Se ne producono alcuni modelli tra loro eventualmente non equivalenti, come la voce e lo sguardo, che sono sì infiniti, ma in modo diverso: uno in modo prevalentemente legato al tempo e alla diacronia, l’altro legato prevalentemente allo spazio e alla sincronia. La verità di questo processo è il soggetto, che sottostà a un significante che non conosce o che non vuole conoscere, per esempio proprio il significante "infinito", rimosso da tutta la cultura classica e medievale.

In questo modello non esiste trasmissione di sapere. Per quanto sia un modello di insegnamento, il discorso del maestro restituisce un modo di apprendimento del sapere che consiste nell'“ap-prendere” il significante che sgorga dall’inconscio. Precisamente, il soggetto apprende il significante nuovo nel momento in cui emerge, come Afrodite dalla schiuma del mare, da una rimozione primordiale di cui non sa nulla prima. Ma questo è proprio il modo di insegnamento che il soggetto sperimenta in analisi, dove non c’è un analista che indottrina l’analizzante. O, almeno, non c’è finché dura l’analisi. Fuori dall’analisi, nel contesto scolastico dove essa avviene, si ricade subito nel modello del maestro di vecchio stampo, ricalcato sulla figura dell’ipse dixit. Nella scuola si trasmette la dottrina psicanalitica come si trasmette una dottrina religiosa. Freud e Lacan hanno commesso entrambi lo stesso identico errore, trasformando le loro scuole in chiese. Le chiese psicanalitiche vanno dimenticate alla stessa stregua dei freudismi e dei lacanismi. Dimentichiamo l'IPA o l'ALI come dimentichiamo la metapsicologia delle pulsioni o l'inconscio strutturato come un linguaggio. Le istituzioni freudiane e lacaniane sono freudismi e lacanismi di fatto, non meno dannosi per la psicanalisi dei freudismi e dei lacanismi dottrinari. Di fatto ostacolano la trasmissione della psicanalisi. Sono forme collettive di resistenza alla psicanalisi.

Allora, non ha posto l’insegnamento tradizionale in psicanalisi?
Secondo me, in psicanalisi ha posto un insegnamento formato zen, un insegnamento, cioè, che non insegna cose e non dà informazioni, ma comunica dei modi o delle forme di apprendimento. Naturalmente, anche questa è una formazione, ma di secondo livello rispetto alla conformazione dottrinaria. Il problema della formazione dell'analista resta, ma viene spostato "verso l'alto". Non si tratta di formazione professionale, regolata da linee direttive ministeriali, ma di formazione alla ricerca psicanalitica. Questo è un compito collettivo, non solo individuale; diffuso, non solo concentrato nel singolo. In un collettivo psicanalitico si realizza l’insegnamento che dà una forma all'ascolto. Insegna ad ascoltare l’inconscio che parla sia attraverso di me – è l'analisi personale – sia attraverso l’altro – è l'analisi di controllo. L’insegnamento possibile in un contesto analitico è SOLO un metainsegnamento: insegna a insegnare, affinché il soggetto apprenda ad apprendere. Il legame sociale tra analisti dovrebbe insegnare SOLO ad apprendere dall’inconscio. Il resto è paccottiglia catechistica, buona solo per ottenere dallo Stato o dal Parastato qualche diploma per l'abilitazione professionale.

Il discorso che faccio in questo sito è quello del legame sociale epistemico tra analista e analizzante, tra analista e analista, tra analizzante e analizzante. Perciò rimando alla pagina dove ne parlo. Qui mi basta sottolineare un tratto caratteristico del sapere psicanalitico: esso non si trasmette da soggetto a soggetto ma “risuona” da inconscio a inconscio. La metafora musicale non è solo metaforica. Indica un modo “reale” di trattare l’oggetto infinito, nel caso l’oggetto fonico della voce. Quando la voce dell’inconscio risuona nel soggetto, si è realizzato un po’ di insegnamento, quindi di formazione psicanalitica senza indottrinamento.

La nozione di formazione è il concetto chiave di uno scritto problematico di Freud, quello del 1926 sull'analisi laica. La tesi di Freud è chiara:

non ci può essere pratica psicanalitica, se non c'è la corrispondente formazione psicanalitica.

Giusto. Purtroppo, nel testo di Freud c'è un'ambiguità di fondo. Freud confonde i due termini di "formazione" e di "conformazione". Per formazione intende la conformazione alla propria dottrina. Ciò lo porta a impegnarsi in una battaglia contro i mulini a vento. Si batte contro i medici, che eserciterebbero la psicanalisi senza conformarsi ai propri principi, senza rendersi conto che i propri principi sono medici. E' un principio medico la restitutio ad integrum, su cui si basa la pratica psicoterapeutica dell'abolizione delle rimozioni infantili, operate dall'Io debole. E' un principio medico il funzionamento pulsionale, inteso come agente patogeno, cioè come causa che produce la malattia. E' un principio medico l'equiparazione della nevrosi a una malattia, con una specifica eziopatogenesi su base traumatica. Freud dovrebbe battersi contro la medicina, che non è scientifica, quindi per principio non è psicanalitica; invece si scaglia contro i medici, colpevoli di non essersi sottoposti al proprio training di conformazione. Quello di Freud è un errore strategico, con pesanti ripercussioni sulla politica della psicanalisi, che le istituzioni ispirate al suo insegnamento non hanno corretto, forse ritenendo professionalmente conveniente mantenerlo. Infatti, l'assetto freudiano non è laico, pur battendosi per l'analisi laica. Argomentando contro i medici e non contro la medicina, Freud riduce la psicanalisi a "scienza medica" sui generis, nella fattispecie a tecnica psicoterapica, che ha uno statuto sociale più facilmente riconoscibile e regolamentabile della psicanalisi. La quale, se è scientifica, sfugge alle restrizioni del diritto.

A questo punto una parola di chiarezza sui ricorrenti processi contro psicanalisti per esercizio indebito della psicoterapia.

Non essendoci in psicanalisi alcuna trasmissione di sapere, per definizione la psicanalisi NON è una professione, tanto meno è una psicoterapia. La psicanalisi è di volta in volta innovazione. Porta a esplicitare un significante nuovo, emergente dalle acque della rimozione originaria. Non ristabilisce uno stato antecedente alla rimozione primaria, perché prima della rimozione primaria c'è ancora... la rimozione primaria. Il paradigma medico della restitutio ad integrum non si applica alla psicanalisi né in via teorica né in via pratica. Per questo motivo la psicanalisi non può e non deve essere regolamentata dallo Stato come una professione sanitaria, che applica dei codici prestabiliti e si conforma ai criteri di qualche ordine professionale. Si è mai visto regolamentare per legge l'attività dei fisici che, lavorando al Large Hadron Collider, cercano la particella che non c'è, il bosone di Higgs?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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